Ecco tornare il vino della speranza nel vuoto della sofferenza
Papa Francesco ha scelto Nazareth e la Terra Santa per celebrare la XXIV Giornata Mondiale del Malato, proprio in corrispondenza dell’Anno giubilare. A Nazareth Gesù diede inizio alla sua missione salvifica: il vino, simbolo della gioia, è finito; Maria parla al Figlio e quando Gesù le fa presente che non è ancora arrivato per lui il momento di rivelarsi, la Vergine dice ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Ecco il segno, il primo, quello che il Pontefice ha scelto come cuore del suo Messaggio per questo evento. Papa Francesco riflette sul miracolo delle nozze di Cana per affermare con forza, ancora una volta, che è l’uomo a dover compiere il primo passo, che in ogni malato è possibile scorgere il volto del Signore, che nella disperazione e nella sofferenza ci si può accostare al mistero dell’esistenza umana, proprio quando tutto sembra ormai perduto.
Papa Francesco illumina queste circostanze soffermandosi su quelle figure, che leggendo il brano evangelico, appaiono quasi in ombra, ma che nel suo messaggio pone al centro della scena: se Gesù potrà trasformarla in vino, quell’acqua saranno i servi a portarla; saranno loro a riempirne le anfore. Questi uomini, obbedendo a Maria, si offriranno a Cristo, che potrà così contare sul loro aiuto; ecco tornare il vino della speranza nel vuoto della sofferenza. Ecco il miracolo della solidarietà. «Naturalmente il miracolo avviene per opera di Cristo; tuttavia, Egli vuole servirsi dell’aiuto umano per compiere il prodigio. Avrebbe potuto far apparire direttamente il vino nelle anfore. Ma vuole contare sulla collaborazione umana, e chiede ai servitori di riempirle di acqua. Come è prezioso e gradito a Dio» scrive Francesco nel Messaggio per la XXIV Giornata Mondiale del Malato «essere servitori degli altri! Questo più di ogni altra cosa ci fa simili a Gesù, il quale “non è venuto per farsi servire, ma per servire”. Questi personaggi anonimi del Vangelo ci insegnano tanto. Non soltanto obbediscono, ma obbediscono generosamente: riempirono le anfore fino all’orlo. Si fidano della Madre, e fanno subito e bene ciò che viene loro richiesto, senza lamentarsi, senza calcoli».
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La cura dei malati è il metro di civiltà della società e dello Stato: un discorso valido in ogni angolo del pianeta; un tema che non ha confini o bandiere. «In questa Giornata Mondiale del Malato possiamo chiedere a Gesù misericordioso, attraverso l’intercessione di Maria, Madre sua e nostra, che conceda a tutti noi questa disposizione al servizio dei bisognosi, e concretamente dei nostri fratelli e delle nostre sorelle malati. Talvolta questo servizio» rimarca il Pontefice nel suo messaggio «può risultare faticoso, pesante, ma siamo certi che il Signore non mancherà di trasformare il nostro sforzo umano in qualcosa di divino. Anche noi possiamo essere mani, braccia, cuori che aiutano Dio a compiere i suoi prodigi, spesso nascosti. Anche noi» continua Papa Bergoglio «sani o malati, possiamo offrire le nostre fatiche e sofferenze come quell’acqua che riempì le anfore alle nozze di Cana e fu trasformata nel vino più buono. Con l’aiuto discreto a chi soffre, così come nella malattia, si prende sulle proprie spalle la croce di ogni giorno e si segue il Maestro; e anche se l’incontro con la sofferenza sarà sempre un mistero, Gesù ci aiuta a svelarne il senso». (Articolo di Andrea Mazzuca in www.lindro.it)
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