Da “il libro di San Vito, storia, leggenda e culto di un santo Medievale” di D. Ianneci, ed. Ofanto, Salerno, 2000:
Benché per secoli il culto di San Vito abbia alimentato la fede popolare, genuina ed ingenua, nelle regioni del Sud e del Nord dell'Europa, la tradizione agiografica su San Vito è ancora oggi in larga misura da studiare.

Esistono numerosi codici di epoca medievale sparsi per l'Europa che riportano testi ­relativi alla vita e alla passione del santo martire che sono stati in minima parte studiati. La tradizione manoscritta è floridissima, e la copio­sità del materiale agiografico dimostra il grande rilievo che nel Medioevo assunse il culto di questo santo nell'intera Europa cristiana.

Tralasciando alcune varianti, la storia di San Vito narra di un fanciullo di sette anni, nato in Sicilia da nobile famiglia e martirizzato a Roma al tempo dell'imperatore Diocleziano (303-304 d.C.). Figlio di un padre pagano, il fanciullo Vito, educato al cristianesimo dal precettore Modesto e dalla nutrice Crescenzia, operava molti miracoli e prodigi nella sua terra, tanto che l'autorità locale, il preside Valeriano, lo fece arrestare, torturare e chiudere in carcere. Il padre cercò di convincere il fanciullo a rinnegare la sua fede con punizioni e con lusinghe, ma inutilmente. Liberato da un angelo, insieme a Modesto e Crescenzia, dopo un viaggio per mare, approdò in Lucania, presso il Sele, dove continuò a compiere miracoli e prodigi. 

Fu poi chiamato a Roma dall'imperatore Diocleziano che aveva un figlio (o figlia) ossesso. Vito lo guarì, ma l'imperatore irriconoscente lo fece ugualmente incarcerare e torturare in quanto il fanciullo non aveva voluto rinnegare la sua fede e sacrificare agli dei romani. svitoUn angelo, però, liberò Vito, Modesto e Crescenzia dai terribili supplizi a cui furono sottoposti, e li condusse a volo presso il fiume Sele, dove i tre spirarono.

Quando e dove sia stata elaborata questa storia non è possibile indicare. Certo in essa confluirono diversi spunti leggendari, fioriti nei luoghi di culto più antichi intorno al V sec., diffondendosi poi con varianti più o meno significative in tutta la cristianità. Fissata in questa forma nella tradizione medievale la storia di San Vito e dei compagni martiri diventò tra il VI e il VII secolo uno dei racconti agiografici più popolari in Europa. Al racconto originario della passio del martire si aggiunsero col tempo moltissime leggende relative alle translationes delle sue reliquie in varie città e monasteri, e a vari miracoli compiuti dal martire, leggende che contribuirono ad accrescere ulteriormente la sua fama che alla fine del XV secolo raggiunse l'apice.

Folle di uomini devoti, di diverso ceto, di diversa cultura, di varia estrazione, si recavano in pellegrinaggio ai più importanti e celebri santuari consacrati al suo culto, in Sicilia, in Puglia, in Sassonia, in Boemia, nei villaggi e nelle città europee, per impetrare le grazie divine a colui che era considerato uno dei più potenti intercessori presso Dio.

La devozione per San Vito e per altri campioni della fede si sviluppò in modo quasi ossessivo per tutto il Medioevo fino a diventare una degenerazione della vita religiosa che agli inizi dell'età moderna aveva costruito una vasta galleria multiforme di santi che diveniva sempre più colorita e vivace. La Chiesa dovette fronteggiare con molto impegno la tendenza sempre più marcata della gente a venerare i santi non come semplici intercessori, quali effettivamente erano, ma come diretti dispensatori di grazie.  Il popolo, infatti, vedeva nei santi figure così reali e familiari che si associavano tutti gli impulsi religiosi più superficiali ed istintivi. “Nel culto dei santi- scrive Huizinga - si cristallizzava tutto un tesoro di idee e sentimenti più comuni e ingenui”, tutta una esperienza religiosa bonaria, primitiva e banale.

Tutti i santi hanno nell'immaginario popolare del tardo Medioevo attributi propri e il popolo li conosce tutti attraverso i vestiti, i simboli del martirio, le storie più o meno leggendarie e più o meno agghiaccianti relative alla loro morte.

(Fonte: http://www.sanvitonole.it/index.html)

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