Il 17 gennaio, come da tradizione, in moltissimi paesi, comuni e province d’Italia si festeggia Sant’Antonio Abate. Eremita egiziano, conosciuto anche come Sant’Antonio l’Anacoreta o Sant’Antonio del Deserto, fondatore del monachesimo, è considerato il primo degli abati.

Sant’Antonio Abate, da non confondere con il Santo di Padova, è uno dei Santi più autorevoli della storia, talmente importante da essere celebrato non solo dalla Chiesa Cattolica, ma anche dalla Chiesa Luterana e da quella Copta. La sua vita ci è stata tramandata da Sant’Atanasio d’Alessandria, che fu suo fedele discepolo e compagno di lotta contro l’arianesimo.

Funzioni, veglia, processione, benedizioni speciali; prodotti gastronomici tipici del posto consumati all’aperto, canti, balli, musiche e rievocazioni storiche che narrano la vita e i miracoli del santo: tutto questo si svolge normalmente tra il 17 e il 21 gennaio. I festeggiamenti sono soliti aprirsi con la tradizionale preparazione delle ciambelle e dei tortori, il giorno precedente alla festa, che quest'anno cade il sabato 20. La mattina seguente il giorno della festa, i tortori e le ciambelle, benedetti dal parroco durante la messa vespertina del giorno precedente, vengono distribuite casa per casa dai membri della Confraternita di Sant'Antonio.

Questa singolare festa, considerata una delle più interessanti, ricca di folklore e religiosità popolare, di antiche tradizioni, affascina non poco chi vi prende parte. Dopotutto la vita stessa del Santo, che morì all’età di ben 106 anni, come la sua figura, ha da sempre affascinato fedeli e miscredenti.

Oltre alle ciambelle e ai tortori, la tradizione vuole che, dopo la messa, il parroco imponga la benedizione ai campi, al bestiame e al raccolto. L’Abate, infatti, è Patrono dei macellai, dei contadini, degli allevatori e degli animali domestici. È interessante come in alcune località questa festa venga associata alla smettitura del maiale. Il maiale, infatti, è l’animale che nell’iconografia tradizionale accompagna, da sempre, l’Abate. Ciò deriva dal fatto che all’ordine degli Antoniani fu dato il permesso di allevare maiali all’interno dei centri abitati, i quali scorazzavano liberamente con attaccato al collo un campanello; dal grasso di questi animali i monaci ricavavano un unguento che veniva usato sulle persone colpite da varie malattie della pelle, in particolare da ergotismo ed herpes zoster, non a caso malattie conosciute meglio con il nome di “fuoco di Sant’Antonio”.

Al Santo sono inoltre riconosciute grandi capacità taumaturgiche e molti si affidano alla sua grazia, chiedendo guarigioni da qualsiasi male, soprattutto chi è stato “colpito dal fuoco”, ma anche per chiedere liberazioni dal demonio. Sant’Antonio nell’arte sacra è conosciuto come “il santo delle tentazioni demoniache”; nella sua vita, infatti, venne continuamente attaccato, tentato e tormentato dal demonio, addirittura percosso fisicamente fino a ridurlo allo stremo. Insomma l’Abate era continuamente in lotta con il diavolo. Ecco perché la sua associazione al fuoco; a riguardo poi, si narra che il Santo per strappare più anime possibili al demonio si sia recato addirittura all’inferno.

(Fonte: https://it.zenit.org/articles/sant-antonio-abate-una-tradizione-millenaria/)

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